Libertà e diritti, i numeri che sconfessano Erdogan

Cartelloni di protesta a Gezi Park

232 e 112 sono i numeri della libertà che non c’è. 232 sono sono i giornalisti al momento detenuti nelle prigioni turche (Rapporto del Comitato per la protezione dei giornalisti del dicembre 2012). 112 è il posto occupato dalla Turchia nella classifica della libertà di stampa elaborata da Freedom House. situazione simile a Kenya, Senegal e Uganda.

La stampa quindi è tutt’altro che libera: è possibile arrestare un giornalista senza una motivazione precisa, tanto che Reporter senza Frontiere ha definito “la Turchia come la più grande prigione al mondo per giornalisti”.

Le minoranze etniche e religiose soffrono costantemente di soprusi, uno fra tutti l’aver obbligato la minoranza religiosa alevita a frequentare scuole sunnite. Le donne sono state scalzate dagli importanti impieghi lavorativi, si sta cercando di far ritornare loro al vecchio ruolo di casalinghe e madri. Su un muro del quartiere periferico Ayazma un tempo c’era scritto “Entreremo nell’Unione Europea sulle spalle dei deboli?”.

Questa domanda sembra non aver ricevuto una risposta, anzi a giudicare da quanto sta succedendo a Istanbul, la domanda sembra rivelare sempre di più una profezia. Promozione di scuole islamiche, reinserimento dell’obbligo del velo nelle università e negli uffici pubblici, divieti sulla vendita di alcolici, arresti di sostenitori della laicità dello stato, come Kemal Gürüz, una delle personalità accademiche più importanti in Turchia. Questa è la politica di Erdogan per quanto riguarda la vita quotidiana, tutto finalizzato alla creazione di una “gioventù religiosa, e non drogata”.

Questo slideshow richiede JavaScript.