La protesta passa (anche) dal web

#direngeziparki, #occupygezi e #gezipark

Sono solamente alcuni degli hastag utilizzati su Twitter per raccontare la protesta di piazza Taksim. Facebook e gli altri social network hanno avuto un ruolo determinante:  le immagini e i video degli utenti hanno fatto il giro del mondo, facendo temere che le autorità potessero bloccare l’accesso ai social media. Sempre tramite Facebook e Twitter, inoltre, i manifestanti in Turchia stanno ricevendo sostegno anche da altri paesi, come la Germania e la Gran Bretagna. Da qui arrivano messaggi come “Occupate Gezi Park, non siete soli!  Le persone in Oxford credono nel vostro diritto di protestare”. Solo pochi canali televisivi turchi, come Halk-TV, hanno invece trasmesso la copertura in diretta degli eventi.

Erdogan è stato paragonato a un sultano, e i manifestanti scesi in piazza nell’ultimo mese hanno scandito a gran voce la parola “dittatore”. Hanno diffuso via Twitter foto, video e parole che raccontassero quanto stava succedendo per le strade di Istanbul: violenze fisiche di ogni genere, manifestazioni pacifiche dissolte con gli idranti della polizia, caricati con liquidi urticanti. Erdogan, apparso in televisione, ha subito provveduto a smentire le voci diffuse via internet.

«I migliori esempi di menzogne possono essere trovate su Twitter. Per me, i social media sono la peggior minaccia per la società».

Alle accuse di essersi trasformato in un sovrano assoluto, Erdogan risponde:

«L’assolutismo non scorre nelle mie vene o non fa parte del mio carattere. Io sono solo un servitore del popolo».

Graphic Novel: la protesta a fumetti

Non solo le fotografie. Anche i fumetti hanno contribuito a raccontare quello che succede in piazza Taksim.

http://gubitosa.blogautore.espresso.repubblica.it/tag/turchia/

http://maurobiani.it/wp-content/uploads/2013/06/turchia-europa-pianoforte2.jpg

http://latuffcartoons.wordpress.com/tag/gezi-park/

IMG_4570 IMG_4598 IMG_4605

Raid on Occupy Taksim Park in Istambul Turkey G

Raid on Occupy Taksim Park in Istambul Turkey F

Raid on Occupy Taksim Park in Istambul Turkey E

Raid on Occupy Taksim Park in Istambul Turkey D

Raid on Occupy Taksim Park in Istambul Turkey C

Libertà e diritti, i numeri che sconfessano Erdogan

Cartelloni di protesta a Gezi Park

232 e 112 sono i numeri della libertà che non c’è. 232 sono sono i giornalisti al momento detenuti nelle prigioni turche (Rapporto del Comitato per la protezione dei giornalisti del dicembre 2012). 112 è il posto occupato dalla Turchia nella classifica della libertà di stampa elaborata da Freedom House. situazione simile a Kenya, Senegal e Uganda.

La stampa quindi è tutt’altro che libera: è possibile arrestare un giornalista senza una motivazione precisa, tanto che Reporter senza Frontiere ha definito “la Turchia come la più grande prigione al mondo per giornalisti”.

Le minoranze etniche e religiose soffrono costantemente di soprusi, uno fra tutti l’aver obbligato la minoranza religiosa alevita a frequentare scuole sunnite. Le donne sono state scalzate dagli importanti impieghi lavorativi, si sta cercando di far ritornare loro al vecchio ruolo di casalinghe e madri. Su un muro del quartiere periferico Ayazma un tempo c’era scritto “Entreremo nell’Unione Europea sulle spalle dei deboli?”.

Questa domanda sembra non aver ricevuto una risposta, anzi a giudicare da quanto sta succedendo a Istanbul, la domanda sembra rivelare sempre di più una profezia. Promozione di scuole islamiche, reinserimento dell’obbligo del velo nelle università e negli uffici pubblici, divieti sulla vendita di alcolici, arresti di sostenitori della laicità dello stato, come Kemal Gürüz, una delle personalità accademiche più importanti in Turchia. Questa è la politica di Erdogan per quanto riguarda la vita quotidiana, tutto finalizzato alla creazione di una “gioventù religiosa, e non drogata”.

Questo slideshow richiede JavaScript.

Appelli in difesa di Gezi Park

La battaglia d’Istanbul in difesa di seicento alberi,
novecento arresti, mille feriti, quattro accecati per sempre,
la battaglia d’ Istanbul
è per gli innamorati a passeggio sui viali,
per i pensionati, per i cani,
per le radici, la linfa, i nidi sui rami,
per l’ ombra d’ estate e le tovaglie stese
coi cestini e i bambini,
la battaglia d’ Istanbul è per allargare il respiro
e per la custodia del sorriso.

Sul suo profilo Facebook lo scrittore napoletano Erri De Luca, uno dei più apprezzati, tradotti e studiati all’estero, ha pubblicato dei versi per i manifestanti antigovernativi che in Turchia, stanno battagliando contro le forze dell’ordine.

Anche il regista turco Ferzan Ozpetek, come molti altri intellettuali e artisti di Istanbul, appoggia i manifestanti di Gezi Park, aderendo a un appello ai media internazionali
«perchè il resto del mondo sia messo a conoscenza di quello che sta accadendo e dello stato di polizia creato dal partito Akp del premier Recep ayyip Erdogan».
I media turchi, afferma l’appello, controllati direttamente dal governo, o economicamente o politicamente legati al governo, si rifiutano di parlare degli incidenti e
«le agenzie di stampa bloccano il regolare flusso delle informazioni»
«Nicola, però bisogna fare qualcosa».

OccupyTaksim: genesi di una protesta

Dal 28 maggio una città intera, Istanbul, è scesa in piazza per difendere alcuni alberi del Parco Gezi, nel mezzo della centralissima area fra Asker Çaddesi e piazza Taksim. Nel distretto di Beyoğlu, è una delle aree verdi più piccole di Istanbul, creato nel 1943: una piccola oasi di aiuole, fiori e panchine in una delle zone più trafficate della città. Gli alberi di noce del parco sono un  ostacolo alla ricostruzione della caserma Taksim, un edificio militare voluto dal sultano Selim III nel 1806 proprio nell’area verde. I piani per la caserma, però, hanno incluso anche la costruzione di un nuovo e moderno centro commerciale.È molto facile immaginare che in un’area con un così elevato prezzo al metro quadro, gli unici investimenti possibili coinvolgono strutture alberghiere o commerciali (proprio accanto ad un Hilton hotel ed a due passi dal Marmara hotel). La gente sa che quello spazio è necessario alla città per respirare. Il movimento “occupyTaksim” è dal 28 maggio in picchetto permanente all’interno del parco per impedire che le operazioni di “bonifica” delle ruspe vadano a compimento e di fronte alla violenta risposta delle forze di polizia sempre più persone si sono unite alla protesta lamentandosi di un governo che, come durante i governi militari di quarant’anni fa, sta tornando ad essere uno stato di polizia.

Da quasi un mese, i manifestanti di “OccupyTaksim” hanno trascinato nella loro protesta molte città della Turchia: Ankara, Mersin, dove il 20 giugno sono iniziati i Giochi del Mediterraneo, Smirne sono state sconvolte dai violenti scontri contro le forze governative, armate di lacrimogeni e gas urticanti. Quattro sono le vittime secondo le autorità, molte di più secondo le associazioni di medici volontari che, dal 30 maggio, soccorrono i turchi che protestano contro il primo ministro Erdogan.

Per pochi alberi. O c’è altro?